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Dell' interpretazion mista.

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composta

S. 138 Thibaut Théorie de l'interpretatiou des lois, $26, ammette una specie d'interpretazion mista , della estensiva e restrittiva congiuntamente. Confessiamo di non saper concepire l'esistenza di questa interpretazione; gli esempli ch' egli stesso vi dà, sembran piuttosto dimostrar l'impossibilità che la possibilità di tale interpretazione. Egli cita la legge 12 cod. de legib. § 1 di cui eccone il tenore. « Avendo osservato nelle antiche leggi di essersi messo in dubbio se quando l'imperadore avea interpretato una legge si fosse nell'obbligo di obobbedire a tale interpretazione ; questa vana sottigliezza ci è sembrata così ridicola che abbian creduto doverla condannare. Perciò decidiamo che qualunque interpretazione di legge data dall' imperadore, sia sopra istanza, sia ne' giudizii, sia in qualsivoglia altro modo, farà fede e sarà considerata come certa. In fatti se al presente al solo imperadore appartiene il di ritto di emanar le leggi, a lui soltanto compete l'interpretarle. Perchè indirizzarsi a noi, dietro il sentimento de' giureconsulti, sulle difficoltà che sorgono ne' litiggi allorchè si riconoscono

essi medesimi insufficienti per terminarli? Perchè ci vengon settomesse tutte le ambiguità che i giudici scorgono nelle leggi se il diritto d' interpretarle non ci è direttamente devoluto ? Chi sarà atto a risolvere le difficoltà delle leggi, ad iscoprire il loro vero senso, se non colui che può chiamarsi legislatore? Perciò, allontanando tutti questi dubbi ridicoli, dichiariamo l'imperadore essere il solo interprete della legge, come il solo autore della medesima. Non intendiamo colla presente legge derogare alle interpretazioni degli antichi giureconsulti, giacchè essi ne ricevettero il diritto dalla maestà imperiale ». « Qui non trattasi della interpretazione di leggi chiare dice Thibaut, ivi, ma dell' interpretazion di quelle che non hanno alcun senso, come risulta dall' insieme dell'istessa legge. Se vogliasi intendere non secondo i suoi termini, ma giusta il suo spirito, in allora ella sottraesi alla critica, perchè l' interpretazione secondo l'intenzione del legislatore, può aver luogo senza

veruna restrizione ».

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Ma qualunque sia il senso che dar si voglia a siffatta legge, a noi pare che non vi sarà giammai luogo nel tempo stesso all' interpretazione estensiva e restrittiva. Se vogliasi intendere in questo senso che essa parli di qualunque specie di leggi chiare o ambigue che sieno il che sarebbe escludere la interpretazione dottrinale, si andrà contro il suo proprio contesto, come osserva lo stesso Thibaut, e per conseguenza con

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tra i suoi termini. Se al contrario vogliasi intendere secondo il suo spirito e l'intenzion del legislatore, cioè nel senso che essa parli unicamente di leggi ambigue, ch'è la sola maniera d' intenderla; allora non vi è più luogo all' interpretazion restrittiva, siccome lo stesso Thibaut il dice. Donde conchiudiamo esser impossibile l'interpretar questa legge col soccorso dei due metodi.

Applichiamo la stessa osservazione al secondo esempio che ei cita. « Si vedrà nella legge 16, § 1, Cod. de usufructu, dice questo autore, che la estensione e la restrizione possono egualmente incontrarvisi; ma che soltanto l'ultima è in potere del giureconsulto. La prima può aver luogo, se la ragion relativa all' usufrutto convenga benanche alle servitù reali ; principii sulla estension delle leggi derogatorie vi si oppongono. Per lo contrario si posson facilmente restringer le parole, nisi talis exceptio, ecc.).— Quindi secondo lo stesso Thibaut, questa legge sarebbe ben suscettibile di restrizione, ma non di esten

sione.

Dell' analogia.

ma i

S. 139-L' analogia, dice Aulo Gellio, Noct. Att. lib. 2, cap. 25, è una determinazione simile ad altre determinazioni i latini la chiamavano proporzione: Est similium similis declinatio, quam quidem latine proportionem vocant. Varrone la descrive in una maniera anche più precisa, chiamandola, verità o ragione che deriva dalla similitudine, veritas et ratio, quae a similitudine oritur. L' abitudine di parlare, dice egualmente Quintiliano Instit. orat. lib. 1, cap. 6., è in questo genere il miglior maestro: delle parole far debbesi quelI uso medesimo che si fa delle monete che il pubblico potere ha rivestito di segni caratteristici e pubblici. L'applicazione di tal principio suppone però molta sagacità e fino discernimento, soprattutto nell'impiego dell' analogia, voce greca che i latini con molta esattezza han detto proporzione. L' analogia ha per effetto di determinarè una cosa dubbia ed incerta col confronto di un' altra cosa certa e simile alla prima. Con essa il certo, determina l'incerto. Consuetudo certissima loquendi magistra, utendumque plane sermone, ut nummo, cui publica forma est. Omnia tamen haec exigunt acre iudicim, in analogia praecipue, quam proxime ex graeco transferentes in latinum proportionem vocaverunt. Eius haec vis est, ut id quod dubium est, ad aliquid simile, de quo non quaeritur, referat, ut incerta certis probet.

Non potrebbesi più chiaramente provare che la conse

guenza tratta da casi simili, cioè l'interpretazione estensiva, che per causa d'identità di motivi, sia la sola che meriti il nome di analogia. Che se traggasi una conseguenza da un caso deciso ad un caso contrario indeciso " o piuttosto se conchiudasi che un motivo contrario a quello della legge debba trar seco una decisione contraria, questa è una nuova specie d'interpretazione estensiva, la quale dee senza dubbio essere adottata, essendo dell' essenza di una savia legislazione l' ammettere qualunque conseguenza giusta: ma una simile interpretazione non potrebbe per questo solo motivo esser considerata come una specie di analogia. Qualunque estensione data alla legge sia in coerenza del suo motivo, sia secondo.l'intenzione del legislatore, comprendendosi nella interpretazion logica estensiva, sembrerebbe molto più conveniente di considerar quella di cui parliamo, come una interpretazione di quest' ultima specie.

Tuttavia non dessi confondere questa specie d'interpretazione, la quale può dirsi decisio secundum argumentum legis, coll' interpretazione restrittiva. Questa suppone che un caso realmente deciso dalla legge il sia nel prosieguo in modo contrario a questa medesima legge; mentre che colla prima, un caso indeciso, lo è in seguito in modo inverso ad un altro caso deciso. Nella prima ipotesi, una decisione legislativa cessa di avere il suo effetto nel secondo, un motivo legale si applica con tutte le sue conseguenze, in modo inverso.

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Gluck, Comment. sur Hellfeld, vol. 1. § 37, vuol chiamare col nome di analogia il risultamento della interpretazion logica in generale, sia estensiva, sia restrittiva.-Thibaut confuta nel seguente modo siffatta opinione. « L'interpretazion_logica non sempre trae le sue conseguenze dal motivo della legge, e non chiamasi interpretazione per analogia quando si estende o si restrigne la legge a casi realmente previsti dal legislatore. Si deve pochissimo designare sotto il nome di conseguenza tratta dall'analogia, il risultamento della interpretazioue restrittiva imperocchè primieramente l'interpretazione restrittitiva, quando il motivo della legge cessa ob deficientem rationem, è una chimera; e quando una legge è ristretta, la causa di tale restrizione è sempre estranea alla cessazion del motivo della legge, e della conseguenza che se n'è tratta. In secondo luogo non v' ha chi non convenga su questo punto, cioè che la legge non debbe aver preveduto il caso da decidersi per analogia. Restringere una legge, è a rigor di termine, lo stesso che niegare ad una disposizione legislativa il suo effetto, ma non già decidere un caso che non lo è. Ciò dunque non è veramente decidere secundum argumentum legis ». Thibaut si diffonde in seguito con una dissertazione sull' essenza dell'ana

logia. Noi crediamo non doverne far uso, poichè non offre se non una sottil metafisica interamente sfornita di esempi che render la possano sensibile.

Relazioni che tra loro hanno le diverse

interpretazioni.

S. 140 Dicemmo nel §. 3 che le principali specie di interpretazione sono l' interpretazione gramaticale, è l'interpretazion logica. Questa ultima specie si divide in interpretazione secondo il motivo della legge, ed in interpretazione secondo la intenzione del legislatore. Questa debb' essere o espressa, o supposta legalmente riconosciuta. In quanto alle relazioni che queste quattro specie d'interpretazione hanno tra loro, ecco le regole che ammetter conviene.

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1. Il giureconsulto dee primieramente attenersi al senso de' termini, essendogli permesso di ricorrere alla interpretazione logica sol quando esistano tutte le condizioni richieste perchè questa abbia luogo, L. 1, § 20, ff. de exerc. act. ; ma laddove esistano, sempre debbesi preferire il senso che indica a quello espresso da' termini, L. 17, 18, 29, ff. de legibus.

2.° Quando l'espressa intenzione del legislatore è in opposizione con l' intenzione che presumesi aver avuto, dee preferirsi la prima, perchè ciò ch'è costante infatti, sempre pre valer debbe sulle presunzioni. Quindi, p. e, è di regola che le leggi attribuitive di un vantaggio debbon restringersi allorchè apportino nocumento a coloro in favor de' quali sono emanate; e che la legge non sia applicata in modo tale da nuocere a' diritti acquisiti: ma questi due principi: cessanel caso in cui il legislatore abbia espressamente voluto il

no

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3.° Quando l'interpretazion logica, secondo il motivo della legge, sia opposta alla interpretazion logica secondo l' intenzione del legislatore, e sia permessa, debb'esser preferita aquest' ultima; imperocchè l' interpretazione estensiva, la sola di cui qui può esser quistione, riposa interamente sull' idea principale che il legislatore conviene di aver pensato altrimenti di ciò che avrebbe dovuto pensare, e che in questo caso appartiene al giureconsulto di supplire a questa imperfezione della legislazione.

LIBRO TERZO

INTERPRETAZION D'USO E DI GIURISPRUDENZA.

§. 141. GLI autori non sono di accordo sul posto che occu

par debbe l'interpretazione di uso: ad alcuni come THIBAUT Pandect. 2.a divis. § 42; e Coock, de Argum. ab analogia, pag. 12, piace considerarla come una specie d' interpretazion legale. Si fondano essi, 1.o perchè prende la sua sorgente nel diritto non scritto, la volontà del legislatore manifestandosi col diritto scritto, egualmente che col diritto non scritto (1); 2.o perchè non essendo il legislatore, da cui presumesi emanar questa specie d'interpretazione, soggetto a veruna regola, potrebbe con molto fondamento conchiudersi esser siffatta interpretazione una specie di disposizione legislativa.-Noi non sappiamo divider con loro tale opinione. Supponendo ciò che or ora esamineremo, cioè che l'uso abbia il potere di abrogar la legge o di supplire alle sue disposizioni, non risulta necessariamente da ciò che l' interpretazion di uso o di giurisprudenza sia una interpretazion legale; e sebbene nell' interpretazion di uso si concepisca il tacito intervento dell' autorità legislativa, come si concepisce nell' abrogazion della legge, o in generale nel supplimento dato alla legislazione coll'uso (2), nondimeno nel primo caso si vede piuttosto il fatto del legislatore, nel secondo, quello degli interpreti della legge. Allorchè trattasi dell' abrogazione di una legge, vi ha resistenza alla legge : l'opinione e i costumi si oppongono alla sua esecuzione; e dopo un determinato tempo vi ha consenso presunto del legisla tore ch'essa perda la sua autorità. Le medesime riflessioni si applicano al caso della introduzione di una nuova legge dall'uso. Sì nell' una che nell' altra ipotesi vedesi soprattutto un atto della potestà suprema che consente all' abrogazione o al supplimento della legislazione.

(1) Nel linguaggio dei giureconsulti il diritto scritto è il diritto promulgato, il diritto non scritto è il diritto non promulgato. Quindi, qualsivoglia diritto promulgato colla scrittura, ce' pubblici banditori, o in qualunque altro modo, è diritto scritto. Al contrario, qualsivoglia diritto, o qualsivoglia legge tacitamente ammessa nello Stato, senza il soccorso della promulgazione, dicesi diritto non scritto, quantunque possa nel tratto successivo esser redatto in iscritto. EINECCIO, Inst. § 44. (2) Imperocchè nelle due ipotesi il pubblico ministero può denunciare alla corte suprema di giustizia le innovazioni di qualunque genere fatte alla legislazione.

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